Pubblicato il 22 Jul 2020
Pubblicato il 22 Jul 2020
Dalle Corporate USA ad una startup FinTech in Italia: l'esperienza di Daniele, Banking Operations Specialist in Flowe

Dalle Corporate USA ad una startup FinTech in Italia: l'esperienza di Daniele, Banking Operations Specialist in Flowe


Durante il suo percorso, Daniele ha avuto l'opportunità di vivere negli USA e lavorare in grandi realtà americane. Tornato in Italia, oggi lavora in una startup fintech a Milano.  


Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, gli utenti possono scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studio, esplorare le aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program. 

All’interno della piattaforma, ci piace raccontare le storie di giovani talenti che hanno fatto un percorso di studio brillante e oggi lavorano presso importanti realtà. 


Daniele partecipa al tutored webinar "Competenze e Consigli per trovare uno stage in ambito Finance: le esperienze di Federico e Daniele" Per seguire il webinar, clicca qui


Quale università e quale percorso di studi hai scelto?


Dopo la maturità classica, ho scelto di studiare economia aziendale. La scelta dell’università invece è stata più complicata. Sicuramente, però, l’elemento fondamentale è stato l’internazionalizzazione – l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza aveva attivo un programma double degree che mi avrebbe permesso di realizzare il mio sogno, ovvero studiare e vivere negli Stati Uniti.

Al tempo era tutto incerto perché non sapevo se sarei stato selezionato per le ambite mete americane, ma con diversi sacrifici e tanto studio riuscii ad aggiudicarmi un posto presso la Northeastern University di Boston, MA. In pratica, il double degree di Cattolica era suddiviso in due parti: due anni in Italia e due anni all’estero. Alla fine si otteneva una laurea triennale ed un master in Italia, e l’equivalente della nostra triennale, e.g. Bachelor’s Degree, nel paese ospitante. Così ho avuto l’opportunità di studiare International Business con una concentration in Accounting negli Stati Uniti.

Inoltre, per favorire lo sviluppo di una mentalità internazionale e multiculturale erano previste due internship curriculari – una di tre mesi in Italia ed una di sei mesi negli States, dove mi sono avvicinato al settore finanziario lavorando presso State Street Corporation.  


Quale attività extra-universitaria pensi sia stata davvero importante per la tua carriera? Cosa ti porti dietro di quest'esperienza/e?


Più che extra-universitarie, ho fatto tante esperienze extra-curriculari che mi hanno aiutato a sviluppare determinate soft skills e a maturare caratterialmente. Per esempio, l’essere presidente di una confraternita mi ha permesso di espormi con professori e alunni, facendomi sviluppare team leadership, public speaking, organizzazione e coordinamento di eventi; partecipare ad international business case competition (ne ho fatte due, una in “casa” a Boston, una in trasferta in Canada) mi ha dato l’opportunità di confrontarmi con brillanti studenti di tutto il mondo e di lavorare in team multiculturali, con cui ho dovuto risolvere business case con poche risorse, in poco tempo, con svariate pressioni, fra cui l’essere rappresentante della mia business school.

Tuttavia, penso che le esperienze che mi abbiano toccato di più siano state due: uno school trip in Oman, UAE, Bahrain, alla scoperta di conglomerati-family business locali che mi hanno aperto gli occhi su una bellissima e ricchissima regione del mondo che non avevo mai visto prima, aiutandomi a sviluppare una mentalità ancor più cosmopolita ed un business acumen basato sull’importanza valoriale e la responsabilità sociale.

L’altra esperienza, invece, si è presentata mentre lavoravo a State Street; qui chiesi la possibilità di avere un meeting one on one con il CEO al tempo, Jay Hooley. Lui fu incredibilmente disponibile e gentile nel ricevermi e nel rispondere alle mie domande, e dalle sue risposte potevo carpire la visione e la mentalità di un abile CEO  – e devo dire che alcune risposte mi balenano continuamente nella mente e mi influenzano in molte decisioni che prendo tutt’oggi.

Prima dell'attuale lavoro, hai avuto l'opportunità di vivere e lavorare negli USA. Ci puoi raccontare di cosa ti sei occupato e quali differenze hai trovato rispetto all'Italia?


Negli States ho fatto due lavori. Nel 2016, durante una vacanza-lavoro estiva a Los Angeles, lavoravo part time al Pacific Park in Santa Monica e sostanzialmente vendevo gelati… come Barack Obama quando era ragazzo. Fu il mio primo vero lavoro all’estero e in uno stato come la California, che rafforzò ancora di più il mio sogno americano.

Invece, il lavoro “corporate” è stato nel 2018 nella custodian bank State Street. Lavoravo in Global Treasury nel team di Asset and Liability Management ed ero costantemente esposto alle metriche e ai drivers dei valori di bilancio della banca. In inglese direi, what a blast!

È stata un’esperienza di lavoro che mi ha avvicinato moltissimo al settore finanziario, in particolare a capirne le dinamiche micro e macro economiche, e che mi ha fatto maturare un senso di professionalità e di rigore procedurale che non avevo mai vissuto in aula. Ero circondato da un team multiculturale e collocato in parte in Europa ed in parte negli Stati Uniti, veramente competente e disponibile, con dei VPs e MDs che mi hanno dato delle solide basi finanziarie, nonché la possibilità di mettermi in gioco e di supportare il team con delle responsabilità rilevanti.

Non ti nego, però, che le differenze con lo stile italiano erano tante e tali che inizialmente ho percepito un certo cultural shock. Proattività, efficienza e time management, a mio avviso, sia in college sia a lavoro sono ad un livello decisamente superiore rispetto agli standard italiani. Se non avevo continuamente le mani in pasto a qualcosa mi sentivo a disagio perché tutti attorno a me erano concentrati a lavorare su qualcosa; dimenticati pause pranzo infinite e pause caffè ricorrenti, spesso andavamo a prendere il pranzo o il caffè insieme, scambiavamo due chiacchiere durante la strada e poi ci si ritirava alla propria desk. Invece, apprezzano molto i momenti di pausa finalizzati al networking, soprattutto per scambiare opinioni ed esperienze professionali – in questo modo ci si costruisce il proprio network, che negli States è fondamentale soprattutto in un’ottica di lungo periodo.

Un’altra grande differenza riguarda l’ambiente di lavoro – negli ultimi anni grandi corporation hanno adottato delle norme di comportamento a tutela delle minoranze che non permettono assolutamente di mancare di rispetto ai propri colleghi trattando argomenti sensibili anche non direttamente rivolti ad un persona lì presente. In Italia invece ne ho sentite di diverse. Insomma, sobrietà e rispetto reciproco sono molto sentiti negli Stati Uniti, specialmente in un ambiente liberale come Boston. 


Oggi lavori in Flowe: come ci sei arrivato e come si sono svolte le selezioni?


Il mio precedente datore di lavoro mi assunse per assegnarmi specificamente a questo progetto – quando accettai non sapevo di che si trattasse se non per il connubio tra digitale/mobile e banca. Sono entrato quindi come consulente in Ottobre 2019; poi ricevetti un’offerta da una Big 4.

Quando ne parlai con alcuni colleghi in Flowe, mi proposero di restare, e lì dovetti prendere una decisione abbastanza importante. Alla fine ho deciso di rinunciare alla consulenza e a quel nome sul curriculum per l’opportunità unica di vedere nascere un istituto bancario e di moneta elettronica e di contribuirne al suo consolidamento.

Premetto che ho sempre avuto uno spirito imprenditoriale molto forte, e lavorare in una start up mi permette di vivere quest’attitudine direttamente, osservando, ascoltando e contribuendo alle scelte di business che vengono prese ogni giorno. Inoltre, le responsabilità che mi sono state affidate fin da subito sono state parecchie, sebbene la mia poca esperienza (a soli 22 anni), comunque colmata da solide conoscenze tecnico-funzionali. In questo modo, dopo quasi un anno, mi sembra di aver maturato esperienza che normalmente avrei ottenuto in non meno di tre anni. Sicuramente, però, ho avuto la fortuna di incontrare delle persone speciali in Flowe, che hanno fortemente creduto in me sin dall’inizio, accogliendomi come uno di loro e trattandomi come un pari.


Quale consiglio daresti a tutti quelli che vorrebbero lavorare nel mondo Finance & Banking?


Guarda, mi sento di condividere due consigli. Il primo è Never settle. Non abituatevi mai a quello che avete e non abbiate paura di rischiare prendendo decisioni non convenzionali. Seguite il vostro istinto e le vostre passioni e non siate mai sazi di imparare, di esporvi, di cadere e rialzarvi. Se applicate questa mentalità, del never give up, vi distinguerete già dalla massa.

Il secondo consiglio per chi invece vorrebbe lavorare nel mondo Finance and Banking è di iniziare a crearsi un curriculum multidisciplinare, possibilmente con tante influenze di computer science e data science. Il nostro settore sta cambiando tantissimo negli ultimi anni e ha iniziato un irreversibile processo di conversione in ciò che si chiama FinTech. Le grandi banche faticano, ma gli incumbent sono tutti basati su tecnologie di ultima generazione e su processi e prodotti sempre più tecnologicamente complessi.

Già negli Stati Uniti mi rendevo conto di essere parecchio indietro ai miei pari per quanto riguarda skills di programmazione, data analysis, etc. Le aziende cercano nuovi profili versatili e multifunzionali. Excel avanzato è dato per scontato, così come le conoscenze di business. Ciò che distingue è la capacità di applicare le conoscenze e teorie finanziarie ed economiche a sistemi informativi e di computing che non tutti riescono a maneggiare. L’elasticità mentale e la capacità di analisi critica ovviamente non possono mancare per riuscire ad adattarsi a qualsiasi scenario e possibile task che può capitare durante il lavoro. 


Sei un recruiter? Scopri come digitalizzare le strategie di employer branding e recruiting della tua azienda grazia a tutored. Attrai e assumi giovani talenti: scopri Tutored Business.

Durante il suo percorso, Daniele ha avuto l'opportunità di vivere negli USA e lavorare in grandi realtà americane. Tornato in Italia, oggi lavora in una startup fintech a Milano.  


Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, gli utenti possono scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studio, esplorare le aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program. 

All’interno della piattaforma, ci piace raccontare le storie di giovani talenti che hanno fatto un percorso di studio brillante e oggi lavorano presso importanti realtà. 


Daniele partecipa al tutored webinar "Competenze e Consigli per trovare uno stage in ambito Finance: le esperienze di Federico e Daniele" Per seguire il webinar, clicca qui


Quale università e quale percorso di studi hai scelto?


Dopo la maturità classica, ho scelto di studiare economia aziendale. La scelta dell’università invece è stata più complicata. Sicuramente, però, l’elemento fondamentale è stato l’internazionalizzazione – l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza aveva attivo un programma double degree che mi avrebbe permesso di realizzare il mio sogno, ovvero studiare e vivere negli Stati Uniti.

Al tempo era tutto incerto perché non sapevo se sarei stato selezionato per le ambite mete americane, ma con diversi sacrifici e tanto studio riuscii ad aggiudicarmi un posto presso la Northeastern University di Boston, MA. In pratica, il double degree di Cattolica era suddiviso in due parti: due anni in Italia e due anni all’estero. Alla fine si otteneva una laurea triennale ed un master in Italia, e l’equivalente della nostra triennale, e.g. Bachelor’s Degree, nel paese ospitante. Così ho avuto l’opportunità di studiare International Business con una concentration in Accounting negli Stati Uniti.

Inoltre, per favorire lo sviluppo di una mentalità internazionale e multiculturale erano previste due internship curriculari – una di tre mesi in Italia ed una di sei mesi negli States, dove mi sono avvicinato al settore finanziario lavorando presso State Street Corporation.  


Quale attività extra-universitaria pensi sia stata davvero importante per la tua carriera? Cosa ti porti dietro di quest'esperienza/e?


Più che extra-universitarie, ho fatto tante esperienze extra-curriculari che mi hanno aiutato a sviluppare determinate soft skills e a maturare caratterialmente. Per esempio, l’essere presidente di una confraternita mi ha permesso di espormi con professori e alunni, facendomi sviluppare team leadership, public speaking, organizzazione e coordinamento di eventi; partecipare ad international business case competition (ne ho fatte due, una in “casa” a Boston, una in trasferta in Canada) mi ha dato l’opportunità di confrontarmi con brillanti studenti di tutto il mondo e di lavorare in team multiculturali, con cui ho dovuto risolvere business case con poche risorse, in poco tempo, con svariate pressioni, fra cui l’essere rappresentante della mia business school.

Tuttavia, penso che le esperienze che mi abbiano toccato di più siano state due: uno school trip in Oman, UAE, Bahrain, alla scoperta di conglomerati-family business locali che mi hanno aperto gli occhi su una bellissima e ricchissima regione del mondo che non avevo mai visto prima, aiutandomi a sviluppare una mentalità ancor più cosmopolita ed un business acumen basato sull’importanza valoriale e la responsabilità sociale.

L’altra esperienza, invece, si è presentata mentre lavoravo a State Street; qui chiesi la possibilità di avere un meeting one on one con il CEO al tempo, Jay Hooley. Lui fu incredibilmente disponibile e gentile nel ricevermi e nel rispondere alle mie domande, e dalle sue risposte potevo carpire la visione e la mentalità di un abile CEO  – e devo dire che alcune risposte mi balenano continuamente nella mente e mi influenzano in molte decisioni che prendo tutt’oggi.

Prima dell'attuale lavoro, hai avuto l'opportunità di vivere e lavorare negli USA. Ci puoi raccontare di cosa ti sei occupato e quali differenze hai trovato rispetto all'Italia?


Negli States ho fatto due lavori. Nel 2016, durante una vacanza-lavoro estiva a Los Angeles, lavoravo part time al Pacific Park in Santa Monica e sostanzialmente vendevo gelati… come Barack Obama quando era ragazzo. Fu il mio primo vero lavoro all’estero e in uno stato come la California, che rafforzò ancora di più il mio sogno americano.

Invece, il lavoro “corporate” è stato nel 2018 nella custodian bank State Street. Lavoravo in Global Treasury nel team di Asset and Liability Management ed ero costantemente esposto alle metriche e ai drivers dei valori di bilancio della banca. In inglese direi, what a blast!

È stata un’esperienza di lavoro che mi ha avvicinato moltissimo al settore finanziario, in particolare a capirne le dinamiche micro e macro economiche, e che mi ha fatto maturare un senso di professionalità e di rigore procedurale che non avevo mai vissuto in aula. Ero circondato da un team multiculturale e collocato in parte in Europa ed in parte negli Stati Uniti, veramente competente e disponibile, con dei VPs e MDs che mi hanno dato delle solide basi finanziarie, nonché la possibilità di mettermi in gioco e di supportare il team con delle responsabilità rilevanti.

Non ti nego, però, che le differenze con lo stile italiano erano tante e tali che inizialmente ho percepito un certo cultural shock. Proattività, efficienza e time management, a mio avviso, sia in college sia a lavoro sono ad un livello decisamente superiore rispetto agli standard italiani. Se non avevo continuamente le mani in pasto a qualcosa mi sentivo a disagio perché tutti attorno a me erano concentrati a lavorare su qualcosa; dimenticati pause pranzo infinite e pause caffè ricorrenti, spesso andavamo a prendere il pranzo o il caffè insieme, scambiavamo due chiacchiere durante la strada e poi ci si ritirava alla propria desk. Invece, apprezzano molto i momenti di pausa finalizzati al networking, soprattutto per scambiare opinioni ed esperienze professionali – in questo modo ci si costruisce il proprio network, che negli States è fondamentale soprattutto in un’ottica di lungo periodo.

Un’altra grande differenza riguarda l’ambiente di lavoro – negli ultimi anni grandi corporation hanno adottato delle norme di comportamento a tutela delle minoranze che non permettono assolutamente di mancare di rispetto ai propri colleghi trattando argomenti sensibili anche non direttamente rivolti ad un persona lì presente. In Italia invece ne ho sentite di diverse. Insomma, sobrietà e rispetto reciproco sono molto sentiti negli Stati Uniti, specialmente in un ambiente liberale come Boston. 


Oggi lavori in Flowe: come ci sei arrivato e come si sono svolte le selezioni?


Il mio precedente datore di lavoro mi assunse per assegnarmi specificamente a questo progetto – quando accettai non sapevo di che si trattasse se non per il connubio tra digitale/mobile e banca. Sono entrato quindi come consulente in Ottobre 2019; poi ricevetti un’offerta da una Big 4.

Quando ne parlai con alcuni colleghi in Flowe, mi proposero di restare, e lì dovetti prendere una decisione abbastanza importante. Alla fine ho deciso di rinunciare alla consulenza e a quel nome sul curriculum per l’opportunità unica di vedere nascere un istituto bancario e di moneta elettronica e di contribuirne al suo consolidamento.

Premetto che ho sempre avuto uno spirito imprenditoriale molto forte, e lavorare in una start up mi permette di vivere quest’attitudine direttamente, osservando, ascoltando e contribuendo alle scelte di business che vengono prese ogni giorno. Inoltre, le responsabilità che mi sono state affidate fin da subito sono state parecchie, sebbene la mia poca esperienza (a soli 22 anni), comunque colmata da solide conoscenze tecnico-funzionali. In questo modo, dopo quasi un anno, mi sembra di aver maturato esperienza che normalmente avrei ottenuto in non meno di tre anni. Sicuramente, però, ho avuto la fortuna di incontrare delle persone speciali in Flowe, che hanno fortemente creduto in me sin dall’inizio, accogliendomi come uno di loro e trattandomi come un pari.


Quale consiglio daresti a tutti quelli che vorrebbero lavorare nel mondo Finance & Banking?


Guarda, mi sento di condividere due consigli. Il primo è Never settle. Non abituatevi mai a quello che avete e non abbiate paura di rischiare prendendo decisioni non convenzionali. Seguite il vostro istinto e le vostre passioni e non siate mai sazi di imparare, di esporvi, di cadere e rialzarvi. Se applicate questa mentalità, del never give up, vi distinguerete già dalla massa.

Il secondo consiglio per chi invece vorrebbe lavorare nel mondo Finance and Banking è di iniziare a crearsi un curriculum multidisciplinare, possibilmente con tante influenze di computer science e data science. Il nostro settore sta cambiando tantissimo negli ultimi anni e ha iniziato un irreversibile processo di conversione in ciò che si chiama FinTech. Le grandi banche faticano, ma gli incumbent sono tutti basati su tecnologie di ultima generazione e su processi e prodotti sempre più tecnologicamente complessi.

Già negli Stati Uniti mi rendevo conto di essere parecchio indietro ai miei pari per quanto riguarda skills di programmazione, data analysis, etc. Le aziende cercano nuovi profili versatili e multifunzionali. Excel avanzato è dato per scontato, così come le conoscenze di business. Ciò che distingue è la capacità di applicare le conoscenze e teorie finanziarie ed economiche a sistemi informativi e di computing che non tutti riescono a maneggiare. L’elasticità mentale e la capacità di analisi critica ovviamente non possono mancare per riuscire ad adattarsi a qualsiasi scenario e possibile task che può capitare durante il lavoro. 


Sei un recruiter? Scopri come digitalizzare le strategie di employer branding e recruiting della tua azienda grazia a tutored. Attrai e assumi giovani talenti: scopri Tutored Business.